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Sport estremi e psicologia dello sport
Cosa sono gli sport estremi?
Durante l’ultimo decennio è diventato sempre più popolare partecipare a sport estremi, definiti anche “sport ad alto rischio” in quanto essi sono “attività che si collocano ai limiti estremi delle attività individuali avventurose per il tempo libero, in cui un errore di gestione o un incidente potrebbero causare la morte” (Brymer et al., 2020). Gli sport estremi stanno rivoluzionando il concetto tradizionale di sport, diventando un fenomeno globale importante. Infatti, secondo le tendenze attuali in futuro ci saranno in proporzione più atleti di sport estremi che di quelli tradizionali.
Alcuni esempi di sport estremi sono, ma non si limitano a:
- lo sci alpinismo estremo: una specialità effettuata sulle vette delle montagne e lungo ripidi pendii fortemente innevati;
- il free solo: arrampicata in parete senza alcuna sicura;
- il proximity flying: lanciarsi dalla vetta di una montagna con la tuta alare volando in mezzo o sotto a ostacoli;
- il freestyle motocross: una specialità del motocross che prevede acrobazie durante salti di 45 metri di lunghezza arrivando ad altezze di circa 18 metri;
- l’apnea in immersione libera: tipo di immersione in cui l’atleta deve coprire la massima distanza verticale fino alla profondità dichiarata;
- il cliff diving: tuffi da scogliere con altezze superiori ai 20m;
- il powerboat: competizioni di barche a motore (circuito, offshore, endurance);
- il freestyle moto d’acqua = competizioni con moto d’acqua che prevedono evoluzioni e salti;
- l’hydrofly: la propulsione di una moto d’acqua in combinazione con un apparato jet che permette di fluttuare sopra l’acqua e di eseguire figure acrobatiche;
- il motosurf: una disciplina che si basa sull’utilizzo di una tavola da surf a propulsione.
Perché si praticano sport estremi?
Secondo la letteratura, i motivi per cui si praticano sport estremi sono dati dalla combinazione di tratti di personalità, processi di socializzazione ed esperienze precedenti. In particolare, la propensione al rischio, il sensation seeking (la ricerca di sensazioni forti), e l’edgework, ovvero la volontarietà nell’assunzione del rischio che viene inteso come un’evasione dalle costrizioni e norme sociali e la ricerca di esperienze fisico-mentali cosiddette borderline, “al limite”. Su quest’ultimo punto non tutti gli studiosi sono d’accordo. Sembrerebbe che da analisi qualitative, diversi atleti avrebbero sottolineato che la loro partecipazione non dipenda dalla ricerca del rischio, bensì dal voler vivere appieno la propria vita.
Per quanto riguarda invece i giovani atleti che praticano sport estremi, è stato determinato che le loro caratteristiche principali sono: una grande impulsività, l’attribuzione di un’influenza positiva ad esperienze pericolose (un processo definito sistema di attivazione comportamentale), una maggior propensione all’avventura e a situazioni adrenaliniche. La maggioranza degli atleti di sport estremi è di sesso maschile. Questa disparità perché il genere femminile sembra dimostrare un maggior equilibrio nel sistema di attivazione comportamentale, che si attiva quando la persona riceve un segnale indicante la possibilità di ottenere una ricompensa positiva se un certo comportamento viene eseguito, aumentando così il contatto con attività considerate gratificanti. In proporzione è appunto il genere maschile che tende a valutare lo sport estremo come un’attività che porta benefici di diversa natura (orgoglio, senso di grandeur/superiorità, gioia, riconoscimento, fama ecc).
Nonostante gli sport estremi assumano nell’immaginario comune solitamente una connotazione negativa (es. sinonimo di rischio, pericolo, infortunio o morte), studi recenti hanno evidenziato alcuni benefici che si traggono dal partecipare a questa tipologia di sport, tra cui: l’abilità di risolvere problemi, la capacità di gestire le emozioni, avere una maggior consapevolezza di sé stessi, miglioramenti nelle abilità cognitive.
In che modo può lo psicologo sportivo supportare questa categoria di atleti?
Di seguito verranno elencati alcuni esempi di tecniche utilizzabili dallo psicologo sportivo:
- Tecniche di rilassamento, che comprendono il rilassamento muscolare progressivo, il controllo della respirazione e la respirazione diaframmatica, la meditazione, la mindfulness. L’utilizzo di queste tecniche di rilassamento ha un impatto positivo sulla sicurezza in sé stessi, sulla concentrazione, riducendo ansia e stress. Inoltre, negli sport estremi sono stati riportati atteggiamenti più consapevoli verso la propensione al rischio. A seguito dell’utilizzo di queste tecniche sono visibili alcuni cambiamenti livello fisiologico, tra cui un calo della pressione sanguigna e della frequenza respiratoria e una riduzione della tensione muscolare;
- L’imagery è uno strumento utile per l’apprendimento motorio e il padroneggiamento di abilità sport-specifiche. A livello mentale migliora la sicurezza in sé stessi, diminuisce l’ansia di stato e fornisce all’atleta una maggior chiarezza delle strategie da attuare, migliorando così la capacità di prendere decisioni, soprattutto se sotto pressione. L’imagery, in particolare se applicata ad una popolazione di atleti di sport estremi, aiuta a gestire le emozioni, ad aver un miglior focus attentivo ed infine a promuovere l’autoefficacia. A seguito dell’uso dell’imagery a livello di biofeedback si riporta una riduzione del battito cardiaco e della frequenza respiratoria;
- Un self-talk sia positivo che istruttivo è correlato ad un maggiore e migliore focus attentivo, maggior sicurezza in sé stessi e concentrazione ed infine una gestione emotiva e comportamentale più funzionale.
Per un atleta che pratica uno sport estremo, lavorare insieme ad uno psicologo sportivo significa essere in grado di controllare le proprie emozioni, avere un maggior autocontrollo e un livello di attivazione adeguato allo sport praticato, essere in grado di utilizzare il proprio focus attentivo in modo ottimale e prendere decisioni in consapevolezza. Negli sport estremi questo si può tradurre, ad esempio, nello scegliere quale traiettoria prendere per ridurre i rischi di collisione/caduta, calcolare ed eseguire manovre last minute mantenendo sia alti livelli di concentrazione che i “nervi saldi”, tutte azioni che risultano essere funzionali al raggiungimento di prestazioni ottimali.
A cura della Dott.ssa Veronica Mattarozzi
Dott. Alessandro Bargnani | CEO Cisspat Lab
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