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Nello sport esiste una forte relazione tra la prestazione mentale e la prestazione fisica. Lo sviluppo di abilità mentali, come l’attenzione e la concentrazione, facilita il raggiungimento di una migliore prestazione sportiva. In aggiunta al supporto psicologico, gli atleti possono implementare delle modalità di intervento che prevedono l’utilizzo del biofeedback (Galmonte, Agostini, & Righi, 2011). Questa tecnologia ha un grande potenziale per l’allenamento delle abilità psicologiche, che vengono impiegate in allenamento e in competizione portando al miglioramento della prestazione sportiva (Blumenstein & Orbach, 2014).
Il punto di partenza teorico di queste metodologie di intervento si basa sulla consapevolezza dell’individuo in merito all’attività fisiologica del proprio organismo (Galmonte et al., 2011). L’obiettivo è di ottenere una maggiore auto-regolazione dei parametri fisiologici, aumentando il controllo volontario di processi che spesso sono inconsapevoli, utilizzando le informazioni provenienti da un segnale di retroazione di un parametro interno (Pop-Jordanova & Demerdzieva, 2010). Attraverso la maggiore consapevolezza dei propri stati fisiologici l’atleta può sviluppare, insieme al proprio professionista di fiducia, delle strategie di auto-regolazione. Un intervento di biofeedback inizia con l’identificazione e il riconoscimento del funzionamento fisiologico dell’atleta. I parametri fisiologici rilevati vengono poi utilizzati per sviluppare strategie di auto-regolazione funzionali alla prestazione. L’obiettivo finale è di implementare le strategie apprese in allenamento e durante le competizioni, sviluppando autonomia dall’utilizzo dei dispositivi di biofeedback (Blumenstein, Bar-Eli, & Tenenbaum, 1997).
Figura 1. L’allenamento di biofeedback e il miglioramento della prestazione. Adattato da Blumenstein e Orbach (2014).
Come mostra la figura 1, lo stress della competizione (1) è spesso accompagnato da cambiamenti negli stati fisiologici quali l’aumento della frequenza cardiaca e respiratoria, della pressione sanguigna e della tensione muscolare (2). Il processo di allenamento col biofeedback include l’apprendimento e il miglioramento delle abilità di auto-monitoraggio e auto-regolazione attraverso differenti modalità di utilizzo del biofeedback (3). Il risultato finale è il miglioramento delle abilità di auto-regolazione dell’atleta (4), che comporta un miglioramento della prestazione (5) in condizioni ad alto stress da competizione.
Blumenstein, Bar-Eli e Tenenbaum (1997) suggeriscono una procedura per l’incremento della prestazione sportiva in cui il biofeedback viene combinato con l’utilizzo di video di situazioni sportive. Nella metodologia sviluppata vengono utilizzati dei video che, insieme a tecniche di rilassamento o di attivazione, servono a riprodurre determinate situazioni competitive. Inizialmente, l’atleta, utilizzando la strumentazione del biofeedback, impara a controllare volontariamente e consapevolmente le proprie risposte psicofisiologiche, e nel corso dell’intervento impara a modulare il proprio livello di arousal secondo la necessità, mantenendolo al livello ottimale per il tempo necessario. La metodologia di intervento si sviluppa in cinque step:
1) Introduzione. L’atleta familiarizza con le strumentazioni video e del biofeedback in studio. Nelle varie sessioni, l’atleta impara a controllare il proprio stato mentale osservando i dati psicofisiologici riportati sullo schermo. Lo psicologo dello sport mostra all’atleta come può abbassare o innalzare il proprio arousal, osservandone i cambiamenti fisiologici correlati. L’obiettivo di questo step è l’apprendimento di un processo in cui l’atleta, accompagnato dall’utilizzo del biofeedback, raggiunge lo stato di rilassamento in due/tre minuti, mantiene questo stato per circa dieci minuti e recupera lo stato di attivazione in altri due/tre minuti.
2) Identificazione. La prestazione motoria viene profondamente influenzata dall’interazione tra le condizioni personali e del compito e le caratteristiche ambientali. In linea con queste considerazioni teoriche, l’obiettivo principale di questo step è di identificare le modalità di utilizzo del biofeedback (misurazione della tensione muscolare, della temperatura periferica, della conduttanza cutanea, del ritmo cardiaco, ecc.) più efficienti per l’atleta, considerando le sue specifiche caratteristiche psicofisiologiche e il tipo di sport praticato. Infatti, la rilevazione di alcuni parametri può essere maggiormente funzionale in alcune discipline sportive e meno in altre la fine di individuare lo stato di funzionamento ottimale.Questo processo è importante poiché, in competizione, l’atleta potrà utilizzare in modo armonico differenti modalità di regolazione dell’arousal.
3) Simulazione. In questo step l’atleta inizia ad applicare mentalmente al contesto competitivo le tecniche apprese. Per iniziare vengono presentate delle scene video di situazioni di gara. Nel contempo l’atleta mette in pratica delle tecniche mentali di rilassamento o di attivazione, richiamando lo stato ottimale alla particolare situazione presentata in video, quando essa si presenta. Ad esempio, l’atleta cercherà di rilassarsi nei momenti di pausa e di riattivarsi quando riprende la competizione.
4) Trasformazione. Il materiale appreso nei primi tre step viene messo in pratica in allenamento. In questo step possono venire utilizzati strumenti video e di biofeedback portatili, da utilizzare sul campo prima, durante e dopo l’allenamento. Ad esempio, subito dopo il riscaldamento, l’atleta utilizza il biofeedback e mette in atto una strategia di rilassamento per un minuto. Poi, per due minuti, si concentra sul movimento che dovrà eseguire e cerca di raggiungere lo stato di attivazione più adatto all’esecuzione.
5) Realizzazione. Nell’ultimo step l’atleta applica al contesto competitivo le tecniche mentali apprese. La procedura è molto simile a quella dello step precedente, con l’eccezione che viene messa in atto non in allenamento ma in gara. Inizialmente è consigliabile utilizzare questa procedura nelle competizioni meno importanti, così che l’atleta possa familiarizzare ulteriormente con questa tecnica. In questo step, l’atleta impara a gestire in modo graduale situazioni di competizione sempre più complesse. L’obiettivo ultimo di questi interventi è di insegnare all’atleta a monitorare e gestire il proprio livello di arousal in modo indipendente prima, durante e dopo una competizione.
Il principio di base di questa metodologia di intervento è l’accompagnamento, nei cinque step, dell’atleta in situazioni gradualmente più complesse. Accumulando successi nella gestione di situazioni problematiche l’atleta, incrementando la propria self-efficacy, trae giovamento sul suo livello di self-confidence (Feltz, 1988).
A cura di Dott. Bedin Enrico
Dott. Bargnani Alessandro Ceo CISSPAT LAB
Bibliografia
– Blumenstein, B., Bar-Eli, M., & Tenenbaum, G. (1997). A five-step approach to mental training incorporating biofeedback. The Sport Psychologist, 11(4), 440–453.
– Blumenstein, B., & Orbach, I. (2014). Biofeedback for sport and performance enhancement. Oxford Handbooks Online.
– Feltz, D. L. (1988). Self-confidence and sports performance. In K.B. Pandolf (Ed.), Exercise and sport sciences reviews (pp. 423-457). New York: Macmillan.
– Galmonte, A., Agostini, T., & Righi, G. (2011). Dalla psicologia sperimentale dello sport al biofeedback di secondo ordine. Lucidi, F. SportivaMente, temi di psicologia dello sport. Milano.
– Pop-Jordanova, N. & Demerdzieva, A. (2010). Biofeedback Training for Peak Performance in Sport-Case Study. Macedonian Journal of Medical Sciences, 3(2):113-118.