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L’Utilità dell’Errore
“Dalla mia esperienza personale posso dire che vincere è importante ma dalle sconfitte ho sempre imparato di più per il futuro”. Niki lauda
Parlando di errori in ambito sportivo, si fa fatica a non pensare alla sera del 17 luglio 1994.
Viene disputata la finale dei mondiali di calcio negli Stati Uniti, si affrontano due squadre di pari prestigio, l’Italia di Sacchi e il Brasile di Parreira. Alla fine dei tempi supplementari il risultato è ancora sullo 0-0, si deciderà la partita ai rigori: sarà la prima finale dei mondiali di calcio a decidersi dagli undici metri.
Dopo i primi quattro penalty, la nazionale italiana è sotto di un rigore.Manca solo un ultimo rigore e tocca ad uno specialista, il calciatore italiano più conosciuto nel mondo in quegli anni, il più talentuoso, Roberto Baggio. Le speranze di poter rimontare sono tutte su di lui, il boato dello stadio è forte. Baggio respira, corre verso il pallone e tira, alto, alto come non aveva mai tirato un rigore in vita sua. Il numero 10 abbassa la testa, l’Italia è fuori e il Brasile è campione del mondo.
Rialzarsi dopo un errore così, in un momento del genere, vissuto con gli occhi di tutto il mondo addosso, è una delle cose più difficili che un atleta possa affrontare.
La delusione può “frantumare” la propria autostima, può avviare un processo di messa in discussione di ogni certezza.
In questi casi il bisogno di elaborare l’evento nel giusto modo si pone come un percorso difficile ma essenziale, una profonda elaborazione in grado di innescare un importante evoluzione nella vita di una persona.
Se il nostro errore macchia l’esito dell’intera prestazione, non è detto che questo crollo debba portarsi giù tutto ciò che è al di sotto, tutto ciò che abbiamo costruito per arrivare a giocarci quel momento.
Ecco tre parole chiave in grado di definire le fasi cruciali di un percorso di gestione dell’errore:
· Riconoscimento
· Accettazione
· Trasformazione delle componenti del vissuto
Parole che rimandano alle fasi dell’elaborazione dell’evento, con l’obiettivo di superare il senso di colpa che può portare lo sportivo a bloccarsi, a sviluppare ansia da prestazione nelle future occasioni decisive.
Arriva sempre, prima o poi, il momento in cui si ha nuovamente la possibilità di mostrare il proprio valore e di fare la differenza in situazioni cruciali e ci si deve saper arrivare nel miglior modo possibile
È importante capire che i pensieri riguardo l’evento possono essere modificati, formulati nuovamente e direzionati grazie ad un allenamento mentale e alla non focalizzazione sull’errore, che può rendere quell’evento intrusivo e reiterante nelle future occasioni.
Delusione, rabbia e frustrazione: queste emozioni possono diventare preziose se convertite in un’attivazione consapevole, una componente emotiva che potrà emergere nelle future prestazioni come un coinvolgimento intenso ma accorto, che possa aiutare a dirigere la nostra attenzione evitando di ricadere negli stessi errori.
L’errore nelle sue componenti pratiche e nei suoi effetti psicologico-emotivi può rappresentare una risorsa.
Se l’elaborazione rispetta le sue fasi e i tempi della persona, l’errore può portare l’atleta ad utilizzare il vissuto trascorso per sperimentare e testare altri comportamenti e strategie con consapevolezza, può permettergli di sviluppare familiarità con la situazione, di affinare il suo approccio alla competizione e di riuscire a garantire una performance di qualità.
Baggio afferma di aver sognato quel rigore per anni e di non riuscire tutt’oggi a spiegarsi quell’errore.
Eppure dopo quell’estate riparte con la voglia famelica di fare la differenza in campo.
Continua con la Juventus, passa poi in altre grandi squadre come Milan e Inter abituando i tifosi alle sue fantastiche giocate da fuoriclasse e ai suoi goal.
Litiga con gli allenatori quando non lo schierano tra i titolari, diventa il beniamino del Bologna portando la squadra alla soglia delle coppe europee. Veste la fascia di capitano del Brescia rendendola squadra “provinciale” più temuta della serie A.
Baggio scende in campo ogni partita con il coltello tra i denti e con la voglia di rimediare a tutti i costi quel suo errore.
Per chi l’ha visto giocare, nello scendere in campo, il “divin codino” non mostrava rabbia, ma il bisogno di sentirsi decisivo e di fare del bene per la squadra.
Nella sua carriera, nonostante il ripresentarsi di alcuni problemi fisici, non si registrano più errori nei momenti cruciali.
L’errore è stato trasformato nella voglia di essere punto di riferimento per i compagni e la squadra.
Sbagliare può essere una lente per guardare a fondo i particolari del proprio agire, per capire meglio il modo in cui concepiamo una situazione e il modo in cui agiamo nelle prove della vita.
Fallire per poi osservare, elaborare l’errore per prima comprendere e poi affinare il colpo e prepararsi alla prossima sfida.
A cura del Dott. Luca D’Onorio De Meo.
Dott. Bargnani Alessandro, CEO Psicologi dello Sport Italia