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Le emozioni e la tossicità in game
La sfera emozionale è da sempre una delle parti più importanti da tenere sotto controllo durante qualsiasi attività sportiva. Nel caso dei giochi elettronici competitivi, non siamo scevri di episodi dove players e streamers mettono in mostra un comportamento a dir poco distruttivo davanti ai loro spettatori.
Questo accade, solitamente, quando essi commettono degli errori o perdono una partita. Tali condizioni suscitano nello spettatore un misto di sentimenti, per alcuni gioia e riso, per altri emozioni completamente avverse. Ciò che deve essere chiaro è quanto segue: un outcome emotivo distruttivo non influenza solo la propria prestazione, ma anche quella dei compagni.
Riprendendo quello che è stato scritto nel libro Mind-Up (frutto di un nostro lavoro di ricerca e supervisione) riguardo al tema delle emozioni e della tossicità in game, sappiamo che una cattiva gestione emotiva ha sempre dei risvolti negativi durante il game:
“Emozioni e prestazioni sono direttamente collegate: un esempio pratico che potremmo prendere in considerazione è il “tilt” durante le partite giocate.
Con questa parola […] intendiamo un comportamento di natura aggressiva con cui un giocatore manifesta palesemente di aver perso il controllo di sé.
Ulteriori atteggiamenti legati al tilt possono essere:
– insulti verso i compagni;
– messaggi in chat di gioco offensivi;
– performance non in linea con gli standard;
– comportamenti sabotanti verso gli altri giocatori (come ad esempio farsi eliminare di proposito o lasciare un oggetto in mano avversaria per perdere il round) definibili “tossici”.
Normalmente, in qualsiasi attività sportiva sono presenti cambiamenti emotivi dati da quello che succede in campo, sul ring o in pista. La stessa identica cosa accade negli esports.
Non tutti i giocatori reagiscono alla frustrazione con lo stesso pattern adattivo, ad esempio alcuni dopo aver perso molti round di fila, diminuiscono la loro comunicazione e tendono a giocare in maniera passiva, dunque facendo il minimo indispensabile e performando al di sotto delle loro capacità. Altri, al contrario, riversano insulti sui compagni attribuendo loro la colpa di un fallimento. Altri ancora escono completamente dal gioco e lasciano i propri compagni competere contro l’altra squadra in inferiorità numerica.
Il caos che solo le emozioni umane possono far scaturire, è spesso ostico da affrontare: non sempre gli atleti digitali hanno una formazione tale da consentire loro di possedere un buon autocontrollo, e gli scatti d’ira attraverso cui il player distrugge tutto quello che ha sotto mano, come la tastiera, il mouse o addirittura lo schermo, non sono rari.
Queste esplosioni di rabbia date dalla scarsa consapevolezza di sé provocano, a lungo andare, l’insorgere di comportamenti sempre più caustici e verbalmente violenti, conosciuti come toxic behaviours, che danneggiano l’intera community di giocatori. ”
Non sarà né facile né veloce il processo educativo con il quale si potrà rieducare ad un medium così tanto moderno e ancora incompreso. Sempre nel libro, abbiamo dato una chiave di lettura un po’ più profonda sul comportamento tossico durante il gioco e la scarsa (anche scarsissima) gestione della propria dimensione emotiva:
“Dobbiamo partire con ordine e comprendere perché il toxic behaviour sia così presente nel mondo digitale e rappresenti la minaccia più grande che ci troviamo ad affrontare costantemente. In un’attività in cui non vi è alcun rischio di confronto diretto, in cui è possibile sfogare la propria aggressività o la propria frustrazione senza conseguenze gravi, è molto plausibile che ciò avvenga. In primo luogo, lo abbiamo già visto, non vi è alcuna educazione reale allo strumento. La nostra identità è legata in maniera imprescindibile anche ai nostri profili social, ma tendiamo a screditare questo fatto. Siamo esseri umani anche dietro lo schermo, camuffati da un nickname spiritoso o arguto.
Se ci colleghiamo al punto iniziale, la deresponsabilizzazione che possiamo provare nell’insultare un giocatore meno competente di noi, alimenta quella percezione di sé che potrebbe essere messa in discussione nella vita di tutti i giorni. Pensiamo al fenomeno dei leoni da tastiera; quello che accade è equivalente.
La deresponsabilizzazione unita alla mancata punizione permette ai ragazzi di rinforzare questo tipo di comportamento negativo e predatorio.
Aggiungendo un punto finale, la scarsa comprensione delle dinamiche del punteggio (ranking) e la facilità di accesso al media, alzano esponenzialmente il numero di giocatori in cerca di una distrazione più che di una competizione.”
Concludendo, l’obiettivo finale del nostro lavoro è quello di orientare i futuri professionisti e coach verso una strada sola, quella della guida psico-educativa verso i loro atleti.
Non potrà esistere, altrimenti, una carriera longeva e duratura per un esports player e il suo team.
A cura del Dott. Adriano Grazioli
Bibliografia:
Mind-up: guida strategica al coaching per professionisti e esporters
Il nostro ebook è disponibile al link:
https://www.amazon.it/dp/B09VH4P8G9