NEWS
LA GESTIONE DEL GRUPPO SQUADRA
Quando ci riferiamo ad uno sport di squadra, immediatamente pensiamo ad un insieme di individui che performa collettivamente. Per questo motivo si tende ad utilizzare, erroneamente, il termine gruppo come sinonimo di squadra. Sorprendentemente, c’è una sostanziale differenza tra gruppo e team.
Una squadra è una tipologia speciale di gruppo avente caratteristiche uniche, tra cui: un senso d’identità collettivo, che traspare nell’identificarsi nel “noi” (nozione che contrasta con l’individualità dell’”io” tipica del gruppo); la volontà di stabilire e raggiungere obiettivi comuni che prevale rispetto al conseguimento di obiettivi individuali; l’assunzione di responsabilità viene condivisa equamente fra i compagni di squadra, così come il successo o il fallimento vengono vissuti collettivamente; all’interno di una squadra c’è (o almeno dovrebbe esserci in situazioni ottimali) una distinzione chiara dei ruoli; esistono, infine, delle norme di gruppo e una comunicazione strutturate.
Gli ultimi due elementi citati sono essenziali affinché non si creino frizioni all’interno della squadra. Infatti, se trasparechiarezza sia rispetto alle norme sia alla gerarchia piramidale dei ruoli della squadra, e se queste vengono riconosciute e accettate da tutti i membri del team, si favorisce la coesione, il raggiungimento degli obiettivi e l’ottimizzazione delle prestazioni. Ne deriva, quindi, che il conflitto esiste in assenza di chiarezza e di accettazione.
Affinché le relazioni del gruppo siano positive è necessaria la capacità di gestire con efficacia il conflitto. Come nasce un conflitto? Spesso alla base c’è un contrasto e una collisione dovuta a forti identità personali o di gruppo, evidenziando in questo caso anche dinamiche di ingroup e outgroup interne alla squadra. Si tratta di un fenomeno che prima o dopo ci si ritroverà ad affrontare e per cui bisogna essere preparati, così da poter giungere alla sua risoluzione.
A livello di sport d’élite spesso questi casi non trapelano, ma quando lo fanno sono soggetti a un’ampia risonanza mediatica. I conflitti possono essere di diverso tipo: tra allenatore e giocatore (come la recente vicenda tra Cristiano Ronaldo e Ten Hag), tra due compagni di squadra (come il pesante litigio che ha coinvolto i cestisti Green e Poole dei Golden State Warriors) oppure anche tra gruppo di compagni e un singolo (può essere d’esempio il caso di Benzema che, nell’intervallo di in una partita della fase a gironi di Champions League, ha esortato il compagno Mendy a non passare più la palla a Vinicius Jr.).
Il conflitto origina da un disaccordo, ma questo non è sufficiente perché, come suggeriscono Barti e Hartwick (2004), sono centrali anche la presenza di emozioni negative e una manifestazione di questi due elementi attraverso comportamenti di interferenza.
Alla base di una buona capacità di risoluzione dei conflitti può essere una buona intelligenza interpersonale, un sottotipo di intelligenza teorizzato da Gardner (1993). In particolare, la componente di capacità di negoziare soluzioni (prevenire i conflitti o risolvere quelli già in atto, trovando compromessi e individuando soluzioni), di stabilire legami personali (l’empatia e l’entrare in connessione con l’altro permettono un buon adattamento al gruppo) e di organizzare i gruppi (l’essere leader, saper coordinare gli sforzi di una rete di individui, in questo caso la squadra).
Proprio la figura del leader è un altro elemento fondamentale all’interno di un gruppo, in particolare in una squadra. La leadership può essere intesa come un processo comportamentale di influenza verso singoli o gruppi, orientato al raggiungimento di determinati obiettivi.
La qualità di leader si può individuare in un membro della squadra (molto spesso il capitano), ma soprattutto nel coach. Entrambi sono figure di riferimento importanti sia nei momenti difficili che in quelli di successo. Devono essere uno stimolo al miglioramento costante ed essere in grado di creare un clima positivo, in modo da favorire la prestazione. Sul piano emotivo, la leadership deve basarsi sulla comprensione dei sentimenti altrui e sull’effetto delle proprie azioni su di essi. Inoltre, una leadership funzionale risulta essenziale per la creazione di un ambiente coeso.
Con il termine coesione si intende “un processo dinamico che si riflette nella tendenza da parte dei membri di un gruppo a sostenersi a vicenda e rimanere uniti con il fine di perseguire obiettivi comuni e soddisfare i bisogni psico-emotivi derivanti dall’appartenenza a tale gruppo” (Carron, Brawley & Widmeyer, 1998).
La coesione si divide in sociale e task-specific. La prima si riferisce allo sviluppo e mantenimento di legami interpersonali fra membri dello stesso gruppo, mentre la seconda alla propensione verso il raggiungimento di obiettivi comuni. I livelli di coesione dipendono da diverse variabili, tra cui: il tipo di sport, il livello di competitività, il comportamento del coach, la volontà del singolo di mettersi a disposizione della squadra. In un team coeso c’è più chiarezza rispetto ai ruoli, un clima positivo, maggiore stabilità di squadra, prestazioni individuali e di gruppo più incisive.
Esiste una correlazione positiva fra coesione e performance. In particolare, incrementi sia nella coesione sociale che in quella task-specific sono stati associati a miglioramenti delle prestazioni. È possibile immaginare la relazione tra questi due fattori come un circolo virtuoso, secondo il quale una maggior coesione porta a un miglioramento della performance e ad un consolidamento dell’unione di squadra, che a loro volta portano ad un incremento della coesione.
Al fine di massimizzare la coesione, si raccomanda l’utilizzo di strategie basate sul team-building. Questo insieme di attività formative è strutturato per stabilire obiettivi comuni, assicurarsi che i ruoli degli atleti e dello staff siano chiari, compresi ed accettati, e che la preparazione alla partita/competizione sia efficiente. Oltre a ciò, il team-building ha l’obiettivo di analizzare la tipologia di leadership presente all’interno della squadra per stabilirne la funzionalità e l’adeguatezza.
Altre best practices nell’ambito della gestione del gruppo squadra riguardano il mantenimento di una buona comunicazione. In particolare, è importante fornire feedback costanti sulla prestazione e atteggiamento dei singoli, prediligendo la condivisione di feedback positivi nei momenti di collettività e restituire quelli negativi in privato. In aggiunta, sono raccomandate attenzione e cura alla risoluzione dei conflitti, anche dei più piccoli e apparentemente insignificanti per evitare di perderne il controllo e che degenerino. Altra pratica importante è quella di valorizzare idee e autonomia di tutti i componenti, in quanto li aiuterà a sentirsi coinvolti e parte attiva della squadra.
A cura della Dott.ssa Veronica Mattarozzi e del Dott. Fausta Verza
Dott. Bargnani Alessandro Ceo CISSPAT LAB
Bibliografia:
Abrams, D. E., & Hogg, M. A. (1990). Social identity theory: Constructive and critical advances. Springer-Verlag Publishing.
Ashforth, B. E., & Mael, F. (1989). Social identity theory and the organization. Academy of management review, 14(1), 20-39.
Carron, A. V., Brawley, L. R., & Widmeyer, W. N. (1998). The measurement of cohesiveness in sportgroups.
Carron, A. V., Eys, M. A., & Burke, S. M. (2007). Team cohesion: nature, correlates, and development. Social psychology in sport, 91-101.
Fisher, S. G., & Hunter, T. A. (1997). Team or group? Managers’ perceptions of the differences. Journal of Managerial Psychology.
Gardner, H. (2010). Multiple intelligences. New York.-1993.
Lavoi e Barti e Hartwick da Paradis, K., Carron, A. V., & Martin, L. J. (2014). Athlete perceptions of intragroup conflict in sport teams. Sport and Exercise Psychology Review, 10(3), 4-18.
Tajfel, H., & Turner, J. C. (1986). The social identity theory of intergroup behavior. In S. Worchel & W. Austin (Eds.), Psychology of intergroup relations (pp. 7–24). Chicago, IL: Nelson Hall.