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Il corpo non va sessualizzato
Con la ripresa della stagione sportiva, tornano alla luce questioni purtroppo ormai note e che, periodicamente, conquistano le prime pagine dei giornali: i corpi delle atlete.
A luglio, prima della pausa estiva, tre notizie hanno conquistato l’attenzione dei media:
- la decisione della Federazione Svizzera di Ginnastica Artistica di vietare ai fotografi di ritrarre le ginnaste mentre eseguono gesti atletici a gambe divaricate, per evitarne la sessualizzazione;
- lo sgradevole episodio che ha visto coinvolti due cronisti del servizio pubblico, i quali hanno proferito commenti di natura razzista, sessista e di body shaming durante la World Series di tuffi;
- infine, lo scalpore provocato dalla calciatrice marocchina Nouhaila Benzina che, per la prima volta nei Mondiali di calcio, ha giocato indossando il velo.
Purtroppo non è la prima volta che il corpo o l’abbigliamento delle atlete ruba l’attenzione, a discapito delle capacità tecniche; basti pensare al titolo del quotidiano bolognese che definì il trio di arciere azzurre (Guendalina Sartori, Claudia Mandia e Lucilla Boari) basandosi sulla loro forma fisica dopo la finale olimpica del 2016, alla multa nei confronti della nazionale femminile norvegese di beach-handball perché si rifiutò di indossare il bikini come divisa agli Europei del 2021, oppure alla bufera di commenti sessisti e a sfondo sessuale subiti dalla nuotatrice artistica Lidia Cerruti mentre celebrava sui social gli otto podi europei l’estate scorsa.
Questa rassegna dimostra come a prescindere dallo sport, dalla nazionalità, dall’etnia o dalla cultura, ci sarà sempre qualcosa da ridire o da commentare sul corpo o sull’abbigliamento delle atlete donne. A maggior ragione in questo periodo dove i social media acquisiscono sempre maggiore importanza, le atlete sono soggette a nuove e costanti sfide, come foto o video particolarmente provocatori immortalati durante le competizioni o titoli di giornali sensazionalistici che si concentrano maggiormente sull’estetica o sull’abbigliamento “succinto” piuttosto che sulla bravura.
A questo si aggiungono le molestie come il cat calling (esplicita molestia verbale, solitamente di natura sessuale, spesso volgare e minacciosa, rivolta a una donna per strada) e i commenti sessualizzati, di body shaming (neologismo che identifica l’azione di deridere qualcuno a causa del suo aspetto fisico) o di fat shaming (deridere qualcuno a causa del suo aspetto fisico, in particolare per il suo essere sovrappeso (o presunto tale) che gli utenti possono lasciare sotto articoli o post, sia sulle testate giornalistiche, sia sui profili privati delle atlete.
Oggettificare una donna, un’atleta (Harrison e Fredrickson, 2003), tramite la sessualizzazione (Floridi; Rooney) e la derisione del suo corpo (Gunnars, 2022) può avere effetti devastanti sulla salute mentale delle persone, in questo caso in particolare delle atlete. In chi è vittima di questi atteggiamenti, la fiducia in sè stesse tende a diminuire notevolmente; al contrario, aumenta la necessità di tenere costantemente monitorato il proprio corpo, comparandolo con gli standard imposti dalla società e aumentano anche un senso di vergogna percepita e la possibilità di esperire emozioni negative. Possono insorgere ansia, stress e depressione, andando a inficiare notevolmente la produttività, la qualità del sonno e favorendo l’insorgenza di disturbi della condotta alimentare.
Inutile dire che tutto ciò si ripercuote negativamente anche sulla performance sportiva, dove il benessere mentale, una corretta alimentazione e una buona routine del sonno sono elementi fondamentali per degli allenamenti produttivi e per una buona performance.
La fiducia in sè stessi, ad esempio, gioca un ruolo cruciale nelle performance atletiche e nella decisione con la quale si affronta la competizione, pertanto è necessario che i suoi livelli siano elevati (Feltz, 1988).
Altro elemento fondamentale per una buona performance sportiva è il sonno, di qualità e costante, al fine di garantire un buon recupero e di preservare i sistemi cardiorespiratorio, nervoso ed endocrino (Chandrasekaran, Fernandes e Davis, 2020). Infine l’alimentazione è il carburante necessario per eseguire tutti i gesti atletici, senza il quale non si possono raggiungere i risultati desiderati; pertanto anche l’alimentazione deve essere presente e di qualità (Brotherood, 1984).
Al contrario, lo stress (Bali, 2015) e l’umore depresso (Prapavessis, 2000) risultano controproducenti, pertanto la loro insorgenza a seguito delle micro-aggressioni sopraccitate può nuocere gravemente la performance. Ansia (Kleine, 1990; Hanin, 2000) e senso di vergogna (Ryall, 2020) necessitano di una precisazione a parte: entrambe non devono essere del tutto assenti, ma presenti a un livello ottimale; la sessualizzazione del proprio corpo, il sentirsi giudicate e oggettificate, però, potrebbero fungere da stimoli trigger e generare un aumento eccessivo dei livelli di questi fattori, rendendoli del tutto disfunzionali.
Ovviamente, questo ragionamento è da applicare in qualsiasi situazione, a prescindere dal genere dell’atleta in questione. È implicito che sessualizzare e commentare con pensieri e parole fuori luogo la fisicità di un atleta, anche se uomo, è ugualmente sbagliato; in nessun modo è accettabile far prevalere dei pensieri sessualizzati per la persona sportiva, a discapito del gesto atletico. Lo sport dovrebbe essere quel luogo dove l’abilità, la determinazione e la passione vengono sempre al primo posto, senza distinzioni di genere.
Ma questa eccessiva ossessione mediatica per i corpi e per l’abbigliamento delle atlete, è davvero un loro problema? O, piuttosto, negli occhi dello spettatore che guarda e della società che lo circonda, che si ferma all’apparenza estetica, senza andare oltre e apprezzare il gesto atletico che stanno compiendo? Questi comportamenti non solo sono dannosi a livello individuale, ma anche un riflesso di una cultura che non rispetta l’integrità e il valore delle donne nel mondo dello sport. Infatti, se negli ultimi anni da un lato le atlete hanno dimostrato abilità eccezionali e dedizione nei loro rispettivi sport, dall’altro lato la società con la quale devono confrontarsi si focalizza maggiormente sulla sessualizzazione e sull’oggettificazione dei loro corpi.
Appare evidente come sia fondamentale mettere in atto un cambiamento culturale su più fronti per affrontare il problema della sessualizzazione delle atlete, del body shaming e del cat calling. Non si possono più trovare alibi o capri espiatori: tutti devono fare la propria parte. Gli organi sportivi del governo, i media e le piattaforme social dovrebbero lavorare insieme per promuovere un’immagine rispettosa e inclusiva delle atlete. Alcuni strumenti potrebbero essere delle campagne di sensibilizzazione per informare sul tema e fare prevenzione; allo stesso tempo, la formazione e l’educazione pubblica per tutti gli addetti ai lavori sono ugualmente essenziali per sfidare i preconcetti di genere e promuovere un ambiente sportivo equo e rispettoso.
Tutti noi, nel nostro piccolo, possiamo fare qualcosa: possiamo smettere di incolpare le vittime di queste micro aggressioni, pensando che una foto sui social possa essere un invito a commentare in modo offensivo o malizioso, e possiamo prendere le distanze di fronte a questi episodi, criticandoli ed evitando di giustificare i commenti con una presunta goliardia.
A cura delle Dott.sse Veronica Mattarozzi e Barbara Bruni Cerchier
Dott. Alessandro Bargnani | CEO Cisspat Lab
BIBLIOGRAFIA
Bali, A. (2015). Psychological Factors Affecting Sports Performance. International Journal of Physical Education, Sports and Health, 1(6), 92-95.
Brotherhood, J. R. (1984). Nutrition and Sports Performance. Sports Medicine, 1, 350-389.
Brunetti, A. (2016). “Il trio delle cicciottelle”, polemiche per il titolo del Resto del Carlino sulle arciere italiane. Eurosport: https://www.eurosport.it/tiro-con-l-arco/rio/2016/il-trio-delle-cicciottelle-polemiche-per-il-titolo-del-resto-del-carlino-sulle-arciere-italiane_sto5713539/story.shtml
Chandrasekaran, B. (2020). Science of sleep and sports performance – a scoping review. Science du sommeil et performance sportive. Science & Sports, 35(1), 3-11.
Feltz, D. H. (1988). Self-confidence and sports performance. Exercise and Sport Science Review, 16, 423-457.
Floridi, M. Le conseguenze psicologiche del “catcalling” sulle donne. PSYsimple: https://psysimple.com/catcalling-conseguenze-psicologiche/
Gunnars, K. (2022). The harmful effect of fat shaming. Healthline: https://www.healthline.com/nutrition/fat-shaming-makes-things-worse
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Redazione (2023). Cosa hanno detto i telecronisti RAI dei tuffi? “A letto sono tutte alte uguali”. Tra frasi sessiste e razziste. OA Il Tempio Dello Sport: https://www.oasport.it/2023/07/cosa-hanno-detto-i-telecronisti-rai-dei-tuffi-a-letto-sono-tutte-alte-uguali-la-raffica-di-frasi-sessiste/
Redazione (2023). Basta foto a gambe divaricate, la Federginnastica svizzera contro la sessualizzazione delle foto delle atlete. la Repubblica – Sport: https://www.repubblica.it/sport/vari/2023/07/11/news/ginnastica_foto_atlete_gambe_divaricate_divieto_svizzera-407402230/
Redazione (2023). Mondiali donne: giocatrice in campo con il velo, prima volta. ANSA.it – Sport: https://www.ansa.it/sito/notizie/sport/calcio/2023/07/30/mondiali-donnegiocatrice-in-campo-con-il-velo-e-la-prima-volta_ce640c42-2777-4919-a2d6-be955d674211.html
Rooney, E. The effects of sexual objectification on women’s mental health. Applied Psychology Opus: https://wp.nyu.edu/steinhardt-appsych_opus/the-effects-of-sexual-objectification-on-womens-mental-health/
Ryall, E. S. T. (2020). Shame in sport. In (Ed.) Emotions in Sport and Games. Routledge.
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