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FEDERICA PELLEGRINI E LE CRISI DI ANSIA A POCHI GIORNI DAI GIOCHI OLIMPICI DI RIO 2016
- 10 dicembre 2016
- Posted by: Davide Ghilardi
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Siamo ormai alle porte dei Giochi Olimpici di Rio 2016 e Federica Pellegrini ha recentemente affermato di sentirsi fiduciosa in vista di una delle competizioni più importanti nella carriera di una atleta di così alto livello. La campionessa italiana ha un palmarès di tutto rispetto, avendo collezionato, solo in competizioni individuali, un oro olimpico, 4 ori mondiali, 11 ori europei, più altri 3 ori tra Giochi del Mediterraneo ed Universiadi, senza contare una serie di più di 50 titoli italiani.
Il letterale, in questo caso, rovescio della medaglia però riguarda gli attacchi di panico ed ansia che, dal 2008 fino al 2014 circa, hanno assalito a intervalli più o meno regolari la nuotatrice veneta prima di entrare in vasca e durante le gare decisive, come lei stessa ha ammesso: “I giorni prima delle gare non sono preoccupata, a ridosso invece divento schizofrenica, non ho controllo: piango e rido per la tensione, anche negli spogliatoi. Nel 90% delle finali che ho fatto, ho pianto prima della gara, e direi che mi ha portato anche fortuna. La gara perfetta non è una ossessione ma è un obiettivo per alzare la asticella”.
In queste brevi dichiarazioni si può tratteggiare a grandi linee il percorso di crescita nella preparazione mentale alle competizioni che la Pellegrini ha svolto nel più recente periodo. Partendo dal principio, in ambito psicologico è risaputo che le lacrime e le risate prodotte dal corpo senza apparente motivo sono dei cosiddetti “regolatori emotivi”, ossia degli strumenti psicofisiologici utilizzati dal cervello per cercare di scaricare parzialmente la tensione attraverso il fisico. In realtà probabilmente a molti è capitato qualche volta di avere questo tipo di reazioni prima di una gara densa di significati e un episodio di questo tipo non è di per sé preoccupante, ma se ciò accade ripetutamente, o quasi sempre, vuol dire che sicuramente bisogna sistemare qualcosa a livello di attivazione psicofisiologica pre-gara dello sportivo.
Inoltre inizialmente, quando la nuotatrice italiana raggiungeva in modo inaspettato medaglie importanti con una facilità apparentemente disarmante, per Federica questi sfoghi potevano anche essere divenuti una sorta di rituale pre-gara, che molti sportivi hanno e che la faceva sentire preparata o che “le hanno portato fortuna”, come lei stessa ha detto. In realtà sappiamo che i rituali scaramantici in competizioni di così alto livello non hanno alcun significato e alcuna influenza sulla prestazione e sul risultato dello sportivo. Il solo valore che possono avere, se elaborati grazie ad alcune tecniche di preparazione psicologica, è quella di aiutare gli atleti a mantenere o a riportare la propria attenzione sul “qui ed ora” della sfida che stanno affrontando.
In questo caso però non si parla più di rituali, bensì di “ancoraggi” che aiutano lo sportivo, come detto, ad essere presente mentalmente nella competizione dal principio alla conclusione della stessa. Continuando con questo approfondimento delle dichiarazioni rilasciate dalla nuotatrice veneziana, la connessione tra questo stato di ansia eccessiva e il suo motivo scatenante lo fornisce proprio Federica con le sue frasi successive: la ricerca della perfezione. In generale da qui si può e si deve partire, come ha fatto proprio la Pellegrini grazie alla collaborazione con uno psicologo dello sport, per costruire un percorso che renda gli atleti consapevoli di non poter essere sempre perfetti, ma che, allo stesso tempo, li renda altrettanto consci di poter svolgere prestazioni eccellenti.
La perfezione purtroppo non esiste e questo concetto spesso non è facile da spiegare e da far capire agli sportivi professionisti, soprattutto a quelli che hanno un elevato senso agonistico e un ego più elevato rispetto agli altri. Queste aspirazioni non sono negative di per sé, ma è necessario che gli atleti, aiutati anche da un professionista esperto in ambito psicologico, arrivino a saperle gestire.
Risulta fondamentale perciò riuscire ad avere obiettivi realizzabili e stimolanti al punto giusto, per evitare sia di raggiungerli con troppa facilità, sia di sentirsi particolarmente frustrati per non essere mai riusciti ad ottenerli. Diventa così fondamentale porre il focus, sia in allenamento che in gara, sulla prestazione e non sul risultato, perché questo approccio porta al trio atleta-allenatore-psicologo degli indiscutibili vantaggi. Basare un percorso sportivo sulla prestazione fa sì che essa possa essere misurata secondo criteri oggettivi e per questo anche analizzata nei minimi dettagli per capire i punti di forza e le aree di miglioramento su cui risulta necessario andare a lavorare.
Lo sportivo viene portato, tramite diverse tecniche come per esempio la visualizzazione o imagery, così a focalizzare la attenzione su sé stesso e sui compiti che deve svolgere durante la gara, lasciando in questo modo inevitabilmente anche meno spazio al possibile insorgere di uno stato di ansia. Inoltre entrare in un corretto stato di attivazione prima di una competizione non solo non è negativo, ma è fondamentale per un atleta, perché diventa una spinta sana verso il raggiungimento del proprio obiettivo.
Anche in questo caso è la stessa Pellegrini a ricordarlo, parlando della sua gara negli 800 metri stile libero ai Campionati Italiani svoltisi a Riccione nella primavera del 2011, in cui a suo dire ha nuotato con la ansia che la inseguiva: “Quel che è assurdo è il momento in cui insorge, perché non capita durante i Mondiali o le Olimpiadi ma in gare con meno pressione, in posti dove nessuno mi chiede niente e sono proprio io che ho delle pretese, che vorrei fare tutto per bene. Proprio nel momento in cui stavo per salire sui blocchi, sono diventata rossa e ho capito che non girava, mi sono messa di spalle alla piscina, ho cercato di calmarmi e ho pensato: o scappi ora o superi questa cosa. Ho nuotato, ma il panico mi ha seguito in acqua, credevo di uscire a ogni bracciata e ho dovuto sconfiggere il desiderio di andarmene a ogni vasca, per 16 vasche. Alla fine ero esausta di testa. Per questo ho pianto. Certo sono stanca, però non è per quello che improvvisamente perdo sicurezza.”
Per fare un esempio concreto, questa tecnica, messa in atto forse inconsapevolmente da Federica, potrebbe essere stata un valido stimolo in più per riuscire ad andare forte. Sapere che quel senso di agitazione immotivato può arrivare e non volerlo per forza respingere a tutti i costi, ma essere pronti ad accoglierlo e ad accettarlo, sapendo che entrerà in vasca con te e ti “inseguirà” durante la competizione, può fornire quella spinta utile per nuotare con la massima forza. Attraverso questo processo che porta inevitabilmente anche una maggiore consapevolezza allo sportivo, si riesce ad apprezzare un determinato posizionamento in classifica, anche se non si tratta del primo posto, proprio perché si sa di aver performato al massimo delle proprie possibilità in quel determinato momento.
In più così si può anche giungere a non essere pienamente soddisfatti di aver vinto una competizione, perché la prestazione prodotta può essere stata al di sotto di ciò che era stato posto come obiettivo, anche se a determinati livelli di competitività, come possono essere le Olimpiadi o i Campionati del Mondo o in generale in uno sport professionistico di altissimo livello, ciò accade davvero molto raramente.
Il lavoro che svolge lo Psicologo dello Sport perciò si inserisce proprio qui, nel portare gli atleti, tramite quel lungo percorso che in queste righe è stato solo accennato e riportato a grandi linee, a performare al massimo del proprio potenziale e ad essere consapevoli di questo. In questo modo non avranno successivamente dei rimpianti per non aver fatto tutto ciò che era nelle loro possibilità, volendo raggiungere quel traguardo che sognavano da tempo.
Le doti natatorie di Federica Pellegrini sono praticamente indiscutibili, ma si è sempre posto un grande punto di domanda sulla sua solidità a livello mentale. Dopo questo percorso psicologico e sportivo durato circa due anni, con queste Olimpiadi di Rio, che la vedono anche portabandiera dei nostri colori durante la cerimonia di apertura, arriva la giusta occasione per riuscire ad ampliare il suo bottino di medaglie Olimpiche, magari proprio quelle del metallo più prezioso, coronando così una carriera splendida, dimostrando di aver raggiunto anche una grande solidità personale e facendo sognare così insieme a lei, anche tutti noi italiani.
Fonti: “La Stampa” (versione online) – “Repubblica.it”
Dott. Davide Ghilardi