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Ansia da prestazione nello sport
- 24 gennaio 2022
- Posted by: matteopeccolo
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«L’ansia è diventata il mio guaio più grave […]. Quando l’ansia toccava l’apice, non riuscivo nemmeno a entrare in acqua: arrivavo ai blocchi di partenza e correvo via»
(Federica Pellegrini)
L’incertezza intrinseca alla competizione sportiva e l’ansia ad essa associata costituiscono un’arma a doppio taglio: da un lato sono motivanti ai fini della competizione, dall’altro sono una delle principali fonti di preoccupazione per gli atleti.
L’ansia da prestazione viene definita come la risposta a una situazione correlata allo sport che l’individuo percepisce come potenzialmente stressante, risultante da una serie di valutazioni cognitive, risposte comportamentali e/o arousal psicofisiologico (Ford, Ildefonso, Jones e Arvinen-Barrow, 2017, pag. 206).
Si tratta di una reazione eccessiva che deriva dalla percezione di una discrepanza tra le richieste della situazione e la capacità di rispondere ad essa, ma anche dal significato che l’atleta attribuisce al risultato di tale prestazione.
Nello sport può manifestarsi a seguito di un’eccessiva pressione esercitata dai compagni di squadra, dai tifosi, o come conseguenza di prestazioni scadenti che hanno generato imbarazzo e perdita di fiducia in sé.
Si può distinguere la componente cognitiva da quella somatica. La prima è il prodotto di processi disfunzionali di pensiero e si può ulteriormente scindere in due sottocomponenti: la preoccupazione (worry) e l’attenzione focalizzata su di sé; mentre la seconda riguarda le manifestazioni fisiche dell’ansia come la mancanza di respiro, la tensione muscolare, la tachicardia e l’eccessiva sudorazione derivanti da un’iperreattività autonomica (Martens, Vealey e Burton, 1990).
Un’ulteriore distinzione legata a questo costrutto consiste nella dicotomia tratto – stato (Spielberger, 1966). L’ansia di tratto è una predisposizione generalizzata e duratura che porta a reagire a molte situazioni in modo coerente; costituisce il “vero sé”, ed è quindi meno influenzata dagli eventi della vita. L’ansia di stato è invece un’emozione transitoria caratterizzata dall’attivazione fisiologica e da uno stato di apprensione e di tensione che vengono percepite consapevolmente e che sono collegabili a specifiche situazioni (es. Il calcio d’inizio prima di una partita importante).
La maggior parte della ricerca in ambito sportivo è stata condotta in quest’ultima area, in quanto l’ansia da prestazione è una forma di attivazione temporanea e circoscritta alla performance sportiva.
Negli atleti si può presentare con diversi livelli di intensità visualizzabili lungo un continuum (Endler & Kocovski, 2001). Ad un’estremità si colloca un basso livello di ansia che se controllata può risultare motivante e funzionale alla performance. Per esempio, è stato scoperto che gli atleti che erano in grado di riconoscere ed esercitare un certo controllo sulla propria ansia pre-gara avevano prestazioni migliori e facilitate da tali sintomi (Mellalieu et al., 2006).
All’estremo opposto si collocano, invece, i disturbi d’ansia, in cui l’eccessiva attivazione è altamente disadattiva e interferisce con il funzionamento dell’atleta. In particolare l’elevata attivazione nello sport è correlata ad un eccessivo monitoraggio degli errori (Masaki, Maruo, Meyer e Hajcak, 2017), ad una riduzione delle capacità di anticipazione dei tempi di gioco (Duncan et al., 2016), ad un effetto negativo sulla precisione di tiro (Wilson, Wood e Vine, 2009), ad un aumento del rischio di infortuni (Ford et al., 2017) e di lesioni muscoloscheletriche negli atleti (Cagle, Overcash, Rowe, & Ago, 2017).
Tuttavia, il focus non deve risiedere esclusivamente sulla rilevazione dell’intensità dei sintomi di ansia, ma deve necessariamente includere anche l’interpretazione di tali sintomi da parte di un professionista (Melalieu et al., 2006).
«Dalla mia esperienza ho imparato che le persone che soffrono d’ansia hanno bisogno di sostegno. […] È inutile cercare di superare questo tipo di problema da soli: si perdono molte energie e senza ottenere un risultato tangibile. Per riuscire a vincere l’ansia è indispensabile ricorrere a un professionista» (Federica Pellegrini)
I sintomi dell’ansia, infatti, non sempre sono accessibili consapevolmente agli individui. Ad esempio, un atleta potrebbe adottare la negazione o la repressione di tali sintomi come strategie di coping. Per aiutare, dunque, gli atleti a riconoscere e a gestire l’ansia da prestazione si sono consolidate nel tempo una serie di tecniche psicologiche come il self-talk, l’imagery, le routine pre-performance, il goal setting, la ristrutturazione cognitiva e le tecniche di rilassamento. Un’attenzione specifica è stata data alle tecniche che enfatizzano lo sviluppo e il mantenimento della fiducia in sè stessi e recentemente sono approdati nel panorama scientifico e metodologico altri interventi come la mindfulness e il training di biofeedback (Ong & Chua, 2021).
«All’inizio mi fermavo prima del traguardo, vittima dell’ansia. Poi, piano piano, ho cominciato a prendere confidenza con il problema e a padroneggiare gli strumenti per fronteggiarlo» (Federica Pellegrini)
Gli atleti che soffrono di ansia da prestazione temono di fallire nella competizione ancora prima che essa abbia inizio e credono che a tale fallimento seguiranno un giudizio negativo da parte degli altri, umiliazione e rifiuto. Queste credenze disfunzionali compromettono il funzionamento dell’atleta e comportano l’evitamento della situazione temuta, incrementando così l’ansia e la sofferenza.
È importante, dunque, rivolgersi a un professionista che aiuti a capire come modificare pensieri e atteggiamenti disfunzionali al fine di massimizzare la possibilità di raggiungere una performance di successo.
BIBLIOGRAFIA
Cagle, A.J., Overcash, K.B., Rowe, D.P. & Needle, A.R. (2016). Trait anxiety as a risk factor for musculoskeletal injury in athletes: a critically appraised topic. International Journal of Athletic Therapy and Training, 22(3), 26-31
Endler, N. S., Kocovski, N.L. (2001). State and trait anxiety revisited. Journal of Anxiety Disorders,15, 231-245
Ford, J.L. , Ildefonso, K., Jones, M.L., Arvinen-Barrow, M. (2017). Sport-related anxiety: Current insights. Open Access Journal of Sports Medicine, 8, 205-212
Hanton, S., & Mellalieu, S.D. (2006). Literature reviews in sport psychology, Nova Science, Hauppauge, NY (2006), pp. 1-45
Martens, R., Vealey, R. S., & Burton, D. (1990). Competitive anxiety in sport. Champaign, IL: Human Kinetics
Masaki, H., Maruo, Y., Meyer, A., & Hajcak, G. (2017). Neural Correlates of Choking Under Pressure: Athletes High in Sports Anxiety Monitor Errors More When Performance Is Being Evaluated. Developmental neuropsychology, 42(2), 104–112
Mellalieu, S. D., Hanton, S., & Fletcher, D. (2006). A Competitive Anxiety Review: Recent Directions in Sport Psychology Research. In S. Hanton, & S. D. Mellalieu (Eds.), Literature Reviews in Sport Psychology (pp. 1-45). New York: Nova Science
Ong, N. C.H., Chua, J.H.E (2021).Effects of psychological interventions on competitive anxiety in sport: A meta-analysis. Psychology of Sport and Exercise,52, 101836
Pellegrini, F. (intervista di Nicole Cavazzuti per Salute e benessere,2014). Retrived on December 17, 2021 from https://www.ok-salute.it/benessere/federica-pellegrini-lansia-mi-bloccava-e-non-riuscivo-piu-a-nuotare/
Spielberger, C. D. (1966). Theory and research on anxiety. Anxiety and behavior. New York: Academic press
Wilson, M.R., Wood, G., & Vine, S.J. (2009). Anxiety, attentional control, and performance impairment in penalty kicks. Journal of sport & exercise psychology, 31 6, 761-75
A cura della Dott.ssa Anna Venturini
Dott. Bargnani Alessandro Ceo CISSPAT LAB