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Sport e Disabilità: i Giochi Paralimpici
- 9 settembre 2024
- Posted by: Andrea Testolin
- Categoria: Articoli
SPORT E DISABILITÀ: I GIOCHI PARALIMPICI
I Giochi Paralimpici di Parigi 2024 sono giunti al termine dopo dodici giorni di gare nelle quali la nazionale italiana è riuscita ad ottenere ben 71 medaglie, per la precisione 24 d’oro, 15 d’argento e 32 di bronzo, raggiungendo il sesto posto sul medagliere di queste Paralimpiadi. Tra le atlete e atleti di maggior impatto di questa edizione abbiamo: il nuotatore Stefano Raimondi, vincitore di una medaglia d’argento nei 100 metri dorso e ben cinque medaglie d’oro rispettivamente nei 100 rana, 100 stile libero, 100 delfino, 200 misti e nella staffetta mista 4×100 stile libero da record del mondo insieme alla sua compagna Giulia Terzi, Francesca Xenia Palazzo e Simone Barlaam; Assunta Legnante che, vincendo una medaglia d’oro nel lancio del peso e un argento nel lancio del disco, a 46 anni diventa l’atleta più medagliata nella storia dell’atletica italiana; infine Rigivan Ganeshamoorthy, lanciatore del disco il quale ha migliorato il record del mondo per tre volte in tre lanci consecutivi, vincendo poi la medaglia d’oro.
Nonostante l’esistenza e l’importanza di queste competizioni sia ormai riconosciuta da molti, grazie anche ad atlete e atleti del calibro di Bebe Vio, campionessa mondiale e paralimpica del fioretto, o Alex Zanardi, campione mondiale e paralimpico di handbike, la storia delle Paralimpiadi si differenzia molto dalla controparte Olimpica.
STORIA DEI GIOCHI PARALIMPICI
La prima forma dei Giochi Paralimpici risale infatti al 1948, e risulta essere una piccola competizione tra veterani menomati della Seconda guerra mondiale sui prati dell’ospedale Stoke Mandeville, dell’omonima cittadina, nel Buckinghamshire (Silver, 2012). Il movimento paralimpico nacque dalla visione di Sir Ludwig Guttmann, il quale giunse all’ospedale di Stoke Mandeville nel 1944 e istituì il moderno trattamento delle lesioni spinali che manteneva in vita i pazienti paraplegici. Nel 1952 parteciparono anche degli Olandesi ai Giochi Internazionali di Stoke Mandeville, dando una importanza internazionale all’evento. Il termine “Giochi Paralimpici” venne coniato solo nel 1984, quando il Comitato Olimpico Internazionale approvò tale denominazione. La prima edizione invernale dei Giochi Paralimpici risale invece a febbraio del 1976 a Örnsköldsvik, cittadina svedese, nella quale parteciparono sedici nazioni ma non l’Italia. Attualmente, i giochi paralimpici sono sistematicamente abbinati ai Giochi Olimpici dal 19 giugno 2001, quando fu siglato un accordo tra il Comitato Olimpico Internazionale e il Comitato Paralimpico Internazionale, il quale garantisce che la città candidata ad ospitare le Olimpiadi debba organizzare anche i Giochi paralimpici.
SIMBOLO E CATEGORIE PARALIMPICHE
Una ulteriore differenza riguarda il simbolo: quello Olimpico è composto di cinque anelli di vario colore su sfondo bianco, i quali rappresentano cinque continenti (blu per l’Oceania, nero per l’Africa, rosso per le Americhe, verde per l’Europa e giallo per l’Asia), mentre quello Paralimpico è composto da tre “agitos” (dal latino “mi muovo”) in rosso, blu e verde a simboleggiare il movimento e il ruolo del Comitato Paralimpico Internazionale nell’unire atleti e atlete di tutto il mondo. Tale simbolo venne scelto nel 2004, mentre prima era composto da tre “taegeuk” (simbolo al centro della bandiera della Corea del Sud, simboleggia la realtà fondamentale dalla quale tutti gli esseri e gli oggetti vengono generati) degli stessi tre colori.
Oltre a queste differenze, i Giochi Paralimpici si contraddistinguono per le categorie paralimpiche: ogni disciplina è indicata attraverso un codice composto di lettere per il tipo di gara da sostenere, e numeri per il tipo di disabilità. Riguardo quest’ultimo, viene fatta una distinzione in sette categorie: atlete e atleti amputati, con paralisi cerebrale, con disabilità intellettive, in sedia a rotelle, ciechi, sordi, e infine tutti quegli atleti che non rientrano nelle categorie citate, come per quelli affetti da nanismo o con deformità congenite agli arti. Facendo un esempio, nel nuoto le lettere possono essere: S per lo stile libero, farfalla e dorso; SB per la rana; infine SM per i misti. I numeri, invece, vanno da 1 a 10 in caso di disabilità fisiche, da 11 a 13 per le disabilità visive e 14 per le disabilità intellettive, tenendo a mente che al salire del numero diminuisce il livello di disabilità dell’atleta.
LE PROBLEMATICHE DELLO SPORT PARALIMPICO
Nonostante l’attenzione che l’argomento sta cominciando a raccogliere, esistono ancora tanti preconcetti e idee molto vaghe sull’attività e le performance degli atleti con disabilità.
Durante una chiacchierata amichevole con Stefano Raimondi riguardo il nuoto paralimpico e l’inclusività ha voluto esprimere le difficoltà che hanno atlete e atleti come lui: un numero limitato di personale qualificato, scarsità di attrezzature inclusive per le disabilità, difficile accessibilità alle strutture, premi in denaro molto diversi dalla controparte Olimpica (180.000€ lordi per un oro olimpico, 75.000€ per un oro paralimpico) e, soprattutto, la “visione del poverino”, ossia del trattamento ricevuto da lui e dalle sue compagne e compagni paralimpici. Con questo si intende l’opinione generale che ha il pubblico nei confronti degli atleti con disabilità, ovvero di dover applaudire o complimentarsi con tali atleti e atlete anche solo per aver concluso una gara in quanto persona affetta da disabilità. Un atteggiamento simile genera sicuramente indignazione da parte di tutte le atlete e atleti che si allenano con lo stesso impegno delle controparti senza disabilità, senza però essere trattati allo stesso modo: da atleti.
A cura della dott Andrea Testolin
Dott. Alessandro Bargnani | CEO CISSPAT Lab
Bibliografia
Silver, J. R. (2012). Ludwig Guttmann (1899–1980), Stoke Mandeville Hospital and the Paralympic Games. Journal of Medical Biography, 20(3), 101-105.