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CHE TIPO DI ALLENATORE SEI?
«Uno non è un grande allenatore quando fa muovere i giocatori secondo le proprie intenzioni, ma quando insegna ai giocatori a muoversi per conto loro. L’ideale assoluto avviene nel momento in cui l’allenatore non ha più niente da dire perché i giocatori sanno tutto quello che c’è da sapere».
(Julio Velasco)
Essere un coach richiede differenti abilità e competenze, ma per fare la differenza come allenatori bisogna saper essere un buon coach.
Il buon coach stimola la partecipazione attiva e cosciente, aiuta a riflettere sull’efficacia delle scelte e a confrontarsi con le idee degli altri, ai fini del raggiungimento dell’obiettivo prefissato.
Inoltre mette in gioco le proprie capacità comunicative e relazionali, che gli consentono di creare un giusto clima con il singolo e con il gruppo. Il coach non si sostituisce mai alla persona, che mantiene piena autonomia e responsabilità delle proprie azioni.
Il lavoro dell’allenatore parte sempre da un ascolto attivo della situazione dell’atleta e di quello che vuole cambiare con l’aiuto del professionista. In questa fase, il coach non solo ascolta il proprio atleta, ma deve essere capace di farlo sentire a proprio agio, trasmettendogli la sensazione di essere in uno spazio protetto e di star dialogando con una persona che lo capisce.
Quindi i punti chiave dell’essere un buon maestro-coach, partono dai seguenti presupposti:
- Essere curiosi dell’allievo
- L’allievo “non sbaglia”
- Il maestro non è autore dei successi dell’allievo
- Generare autonomia
- Avere un modello di riferimento
Non è necessario abbracciare il pensiero dell’atleta, ma capire esattamente cosa desidera e quali sono gli strumenti che già possiede per ottenerla.
Dimostrare curiosità in quello che dice e che fa è un ottimo modo per conquistare la sua fiducia e metterlo a proprio agio. Se si ascolta dimostrando un alto grado di disattenzione e impazienza, l’atleta se ne accorgerà e questo ostacolerà il dialogo.
Come si costruisce la fiducia con l’atleta?
Possono essere due i modi per costruire la fiducia con il proprio atleta: AUTENTICITÀ ed EMPATIA.
Essere autenticamente se stessi è un desiderio profondo in ognuno di noi. Quando ci diamo il permesso di esistere per ciò che sentiamo di essere davvero, per ciò che riconosciamo emotivamente come il nostro “vero sé”, proviamo l’entusiasmo di essere al mondo per lasciare un’impronta, nostra, unica ed originale; sentiamo che vale davvero la pena di vivere.
Come possiamo raggiungere questo stato di piena manifestazione di sé?
Alcuni fortunati hanno avuto in dono dai propri genitori una piena accettazione e la validazione della libera espressione del sé. Altri, invece, sono stati vincolati, frenati, inibiti e possono faticare a darsi il “diritto di esistere” per quello che sono. Queste persone hanno ricevuto un dono diverso: la possibilità di comprendere profondamente il dolore della mancata accettazione e l’opportunità di trasformarlo in una testimonianza positiva.
Rogers stilò così un elenco delle caratteristiche che, le persone che scelgono la via dell’autenticità, gradualmente sviluppano:
- Al di là delle apparenze. La persona mostra una tendenza ad allontanarsi, sia pure con timore ed esitazione, da un sé che non è reale: non sa dove si dirige, ma si rende conto di allontanarsi da qualche cosa. Invece di sforzarsi di apparire in un certo modo, comincia ad essere sé stessa, magari una persona spaventata, che si nasconde dietro le apparenze perché si considera troppo inadeguata per mostrarsi al mondo.
- Al di là del dover essere. La persona inizia ad abbandonare le maschere sociali, quelle che utilizzava per adeguarsi al modello di “ciò che si dovrebbe essere”. Spesso, assorbiamo profondamente e inconsapevolmente dei modelli circa cosa si dovrebbe fare e come ci si dovrebbe comportare, che pongono in cattiva luce le più spontanee e genuine manifestazioni di sé. Così, sentiamo profondamente che ciò che siamo è sbagliato, brutto o cattivo e che dovremmo vergognarcene. Con fatica, la persona che sceglie l’autenticità si allontana da queste concezioni e inizia ad apprezzare le naturali imperfezioni presenti in ciascuno di noi.
- Al di là delle attese degli altri. Come conseguenza, viene meno anche la pressione percepita a corrispondere a ciò che gli altri si aspettano da una “persona normale”. La persona inizia a essere ciò che è, senza preoccuparsi di ciò che l’altro potrebbe aspettarsi. Non si tratta di disinteressarsi a ciò che gli altri pensano o credono, ma di darsi in primo luogo la libertà di essere come piace a noi, assumendocene la responsabilità e dando espressione a ciò che noi abbiamo già valutato e considerato come positivo.
- Al di là del piacere agli altri. Molte persone hanno modellato sé stesse sforzandosi di piacere agli altri, ma dal momento in cui iniziano a valutarsi positivamente, diventano veramente libere ed abbandonano tale modo di essere. Fanno semplicemente ciò che vogliono, senza curarsi di ciò che gli altri pensano si dovrebbe fare.
- Sentire di potersi dirigere da soli. La persona si muove gradualmente verso la propria autonomia, divenendo responsabile di sé e decidendo le mete verso cui dirigersi, le attività e i modelli di comportamento che hanno significato per lei. Non fa sempre delle buone scelte, ma sceglie e impara dalle esperienze fatte, trovando ciò frustrante ma entusiasmante.
- Sentire di essere in continuo cambiamento. Rogers notò anche che i suoi pazienti si accorgevano di cambiare costantemente. Sentivano di essere un “processo”, non una “struttura”. Quando le persone si muovono verso l’autenticità non sono turbate dall’accorgersi che non provano sempre gli stessi sentimenti e non sono sempre coerenti: la necessità di trovare conclusioni e soluzioni definitive sembra diminuire. Non sentono più di dover difendere un modo di essere, le proprie opinioni, le abitudini o i modi di entrare in relazione che li hanno definiti per tanto tempo. Si aprono al cambiamento, guidati dalle proprie reazioni genuine.
- Sentirsi aperti all’esperienza. La persona evolve verso un modo di vivere accettante, aperto e disponibile nei confronti della propria esperienza, e inizia ad ascoltarsi, a prestare attenzione ai propri vissuti. Si apre verso sentimenti che non aveva mai saputo sperimentare completamente: vivendoli, li trova meno terribili e crea maggiore contatto con la propria esperienza. Gradualmente, si accorge che i propri vissuti sono una risorsa, non un nemico. Acquisisce così una spontaneità e un’auto-accettazione simili a quelle di un animale o di un bambino.
- Sentirsi capaci di accettare gli altri. Quando si diviene capaci di accettare la propria esperienza, si accetta anche quella degli altri: anche loro hanno pensieri, emozioni, agiscono in base alle proprie convinzioni e… fanno errori.
- Sentirsi fiduciosi verso se stessi. Infine, la persona giunge progressivamente ad apprezzare e ad aver fiducia in quanto sperimenta. Molte persone iniziano ad affermarsi nei loro campi quando cominciano a fidarsi di se stesse, a permettersi di sentire i propri sentimenti, di vivere seguendo i valori che scoprono e ad esprimersi in modo unico e personale.
La chiave per la creazione di un collegamento profondo è non cercare forzature, non imporre a nessuno dei rapporti che non desiderano. Al contrario, la chiave per la creazione di una relazione profonda e genuina risiede nell’abbracciare l’idea di apertura e di disponibilità a cogliere nuove possibilità di crescita attraverso il rapporto con gli atleti.
Come essere empatici?
L’empatia è una delle soft skills più apprezzate nel mondo dello sport (e non solo): è grazie all’empatia che riusciamo a sentirci più “vicini” con l’altro e riusciamo a capire le sue sensazioni e il suo punto di vista in un determinato contesto. Una persona empatica percepisce le emozioni di coloro che li circondano e ha la capacità di attingere a quelle stesse emozioni dentro di sé. In sostanza, gli empatici “diventano” la persona con cui stanno empatizzando, quasi sperimentando veramente le loro emozioni.
Cosa si potrebbe fare per aumentare l’empatia?
Prova a vedere le cose sotto un altro punto di vista
La prima cosa da sapere, se vuoi capire come essere empatico, è non difendere a tutti i costi le tue posizioni: cerca di vedere le cose sotto altri punti di vista. Quando lo farai, ti renderai conto che le altre persone probabilmente non sono cattive, scortesi, testarde o irragionevoli, ma probabilmente stanno solo reagendo alla situazione con la conoscenza che hanno e la loro esperienza.
Questo è importante anche per entrare in empatia con persone che hanno idee diverse dalle tue.
Riconosci (e accetta) le prospettive altrui
Essere empatici significa anche riconoscere le prospettive degli altri e accettarle positivamente. Una volta che percepisci la ragione per la quale gli altri credono in ciò che credono, riconoscilo. Importante: il riconoscimento non equivale all’essere d’accordo. Puoi accettare che le persone abbiano opinioni diverse dalla tua e che possano avere buone ragioni per avere quelle opinioni.
Sorridi e incoraggia le persone
Parlando di come essere empatici, non possiamo non menzionare il sorriso. Sorridere è un gesto che implica una certa apertura e predisposizione all’ascolto. La parte del cervello responsabile di questa espressione facciale è la corteccia cingolata, che è un’area di risposta automatica inconscia. Dal momento che il sorriso mette in circolo una serie di sostanze chimiche nel cervello, si attivano centri di ricompensa e aumenta anche la salute.
Non aver paura a mostrare il tuo sorriso e a fare dei complimenti sinceri ad un’altra persona, trasmettendo la tua vicinanza. Incoraggiare le persone può essere semplice. Questo semplice gesto, può avere un grande impatto sulla creazione di relazioni.
Impara ad ascoltare
Le caratteristiche della persona empatica si fondono nella capacità di ascolto attivo. Vuol dire che se vuoi capire come essere empatici, devi iniziare dal capire come si ascolta. Ci sono diversi modi di ascoltare:
- Ascolta con le tue orecchie: cosa viene detto e quale tono viene usato?
- Ascolta con i tuoi occhi: cosa trasmette la comunicazione non verbale dell’altra persona?
- Ascolta con il tuo istinto: senti che l’altra persona non sta comunicando qualcosa di importante?
- Ascolta con il tuo cuore: cosa sta provando l’altra persona?
Ascoltare veramente può essere una sfida. A volte stiamo solo aspettando di dare la nostra opinione. Sforzati su questo aspetto e concentrati davvero sui bisogni e sul messaggio che il tuo atleta vuole darti: si sentirà importante e si creerà un legame di fiducia difficile da scalfire.
Non aver paura di mostrarti vulnerabile
Molto spesso temiamo la vulnerabilità perché abbiamo paura che altri possano percepirci come sciocchi o deboli.
In realtà, secondo alcuni esperti in comunicazione, la vulnerabilità ci aiuta a connetterci con gli altri, perché comunica che siamo umani; mostra le nostre debolezze, ferite e paure. Questo crea una sensazione di umanità che dà all’altra persona qualcosa a cui connettersi e in cui immedesimarsi.
In conclusione, oltre alle conoscenze tecnico-tattiche richieste ad un coach, sono necessarie anche delle qualità umane quali l’empatia e l’autenticità; per poter diventare un buon allenatore è necessario che entrambe questa abilità vengano migliorate ed allenate con dedizione.
A cura della dott.ssa Condemi Giorgia
Dott. Alessandro Bargnani | CEO CISSPAT Lab