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L’ATTIVITA’ SPORTIVA NEGLI ADOLESCENTI
Possiamo definire l’adolescenza come un periodo attivo di transizione all’interno del quale avvengono cambiamenti fisici, psicologici e sociali. Si sviluppano le attitudini sociali e ci sono delle modifiche a livello delle capacità conoscitive. I comportamenti e le condotte iniziano a diversificarsi in relazione alle sfide che l’adolescente si trova ad affrontare. I rapporti con i coetanei e con gli adulti estranei all’ ambiente famigliare diventano più intensi, il minore acquisisce così delle responsabilità differenti. Solitamente questi cambiamenti variano a seconda delle opportunità, dell’ambiente socio-culturale e del sesso.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità questa fascia di età comprende i giovani dai 10 ai 19 anni. Il concetto transculturale di salute è lo stato di completo benessere fisico, psicologico e sociale in rapporto con lo sviluppo di tutta la potenzialità dell’uomo in un determinato contesto culturale.
La salute nell’ adolescente deriva dal suo comportamento, da come l’ambiente lo influenza, dalle condotte a rischio e dal suo stile di vita.
Diventa necessario conoscere le condizioni di vita, il sistema valoriale di ogni singola cultura e le occasioni di vita per la promozione della salute, dello sport e dello sviluppo.
L’attività fisica consente all’adolescente di conseguire una nuova identità corporea corrispondente al suo futuro status di adulto, ma rappresenta per lui anche una possibilità di prendere coscienza di questa nuova realtà, superando il sentimento che gli deriva dalla coesistenza delle rappresentazioni infantili di sé stesso con il corpo adulto.
Il ragazzo apprende una serie di competenze sociali attraverso situazioni stimolanti (come per esempio il desiderio di provare il rischio della competizione o la sfida verso l’ignoto) che lo portano a rafforzare il suo sé a prescindere dal risultato che sarà possibile ottenere.
E’ soprattutto nella competizione sportiva che l’adolescente può sperimentare sé stesso, mettendosi alla prova, superando cosi i propri limiti e le sue insicurezze personali.
Attraverso l’attività sportiva, diventa consapevole di voler preservare la propria salute, migliorare l’estetica del proprio corpo, raggiungendo così una buona accettazione di sé. In questa tappa, il minore dovrà quindi scegliere lo sport da coltivare.
La pratica di una specifica attività sportiva deve essere preceduta da una fase di formazione psicofisica generalizzata che consiste nell’esplorare e sperimentare il più possibile la propria motricità assecondando anche quelle che sono le proprie predisposizioni individuali.
Infatti è attraverso l’esecuzione e la pratica di varie attività motorie ad indirizzare il personale orientamento sportivo. Solitamente fino ai 10 anni si ritiene opportuno apprendere ed ampliare il proprio bagaglio culturale motorio; nella fase in cui si raggiunge il massimo del controllo motorio (tra gli 11 e i 14 anni), bisognerebbe continuare ad apprendere e iniziare la scelta dell’attività motoria da privilegiare.
Infine, dopo i 14 anni, quando si conclude l’armonizzazione di tutte le funzioni delle strutture cerebrali, il ragazzo potrà delimitare sempre più il proprio specifico campo di interesse sportivo. Alcuni genitori cercano di orientare i loro figli nella scelta di uno sport, ma indirizzare un adolescente verso uno sport, piuttosto che verso altri, implica comunque che alcuni aspetti del suo sviluppo saranno trascurati. L’ideale sarebbe quindi poter individuare almeno due sport, che svolgano un ruolo complementare. La scelta dovrebbe dipendere dalla motivazione personale del ragazzo e, se possibile, potrebbe essere consigliata da un esperto (per esempio un laureato in Scienze delle attività motorie e sportive, medico dello sport in collaborazione con il pediatra).
Sono stati svolti degli studi relativi a preadolescenti e adolescenti con disabilità, che hanno analizzato il grado di partecipazione ad attività fisiche e sportive organizzate.
La ricerca ha indagato una serie di fattori che creano motivazione e voglia di praticare attività (lo sperimentare attraverso il proprio corpo, il bisogno di creare nuove amicizie e relazioni con i coetanei, la richiesta di divertimento ed energia) e tutti gli elementi che ostacolano questo, fungendo da barriera (la stanchezza e fatica fisica riscontrata, l’elevato costo delle attività, la complessità dei gesti tecnici, i comportamenti e atteggiamenti altrui fastidiosi e inibenti).
Sono pochi invece gli studi relativi a modelli di inclusione di tutti i soggetti nelle attività sportive.
E’ stato svolto un lavoro di ricerca che è stato pubblicato nel 2020 da Rhind D. e McDermott J. E risulta essere uno dei più significativi. Lo studio descrive il modello TACL, si tratta di un protocollo di lavoro rivolto a bambini e adolescenti con disabilità nello sport ed è stato studiato per favorire l’inclusione e salvaguardare i soggetti nel panorama rugbistico inglese.
Il protocollo si basa su quattro tappe e può essere utilizzato anche per altri sport.
Le quattro fasi che formano l’acronimo Tacl (vengono riprese dai gesti tecnici caratteristici del rugby) sono:
- Trigger: creare un sistema che sia in grado di identificare in maniera ottimale i bambini e gli adolescenti con disabilità.
- Action plan: progettare un approccio individualizzato che consenta l’inclusione e la protezione del minore.
- Comunicate: informare tutti gli stakeholders del soggetto con disabilità circa il piano e le decisioni assunte con la finalità di promuovere l’attività e il coinvolgimento del soggetto in un ambiente sicuro e protetto.
- Learning: assicurare che le ricerche delle buone pratiche vengano individuate, comprese e diffuse nella popolazione, nell’ottica di un concetto di sport aperto e sicuro per tutti.
L’obiettivo di questo studio è quello di avviare nuove ricerche che possano individuare nuove linee-guida, modalità e protocolli per favorire all’interno di ogni attività fisica o sportiva inclusione tra preadolescenti e adolescenti.
Il cambiamento ormonale del corpo e la sua trasformazione non solo fisica, ma in toto nella fase adolescenziale spesso destabilizza il minore nella gestione delle sue emozioni che si fanno più intense e causano in quest’ultimo un disagio e una difficoltà nel comprendere cosa stia accadendo, ancora di più in situazioni di disabilità. Lo sport e l’attività fisica possono quindi aiutare l’adolescente nell’accettazione del cambiamento, nell’incremento dell’autostima e nell’instaurare nuove relazioni con i pari.
A cura della Dott.ssa Cristina Guglielmo
Dott. Alessandro Bargnani | CEO CISSPAT Lab
Bibliografia:
https://ojs.pensamultimedia.it/index.php/sipes/article/view/4947/4498
L’adolescente e il suo inserimento sociale attraverso lo sport 11° Congresso Internazionale del Panathlon Vienna, maggio 1997, I quaderni di Panathlon n.7 collana di temi sportivi edita dal “Panathlon International” diretta da Claudio Bertieri.
Liguori G., 2014, Il guadagno di Salute attraverso la promozione dell’Attività Fisica, evidenze scientifiche e attività di campo, società editrice universo.