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Pandemia e sport. Effetti psicologici dell’interruzione dell’attività sportiva
Pandemia e sport
Effetti psicologici dell’interruzione dell’attività sportiva
Il mondo sportivo costituisce uno dei settori maggiormente colpiti dalla pandemia. A convalidare questo dato di fatto, la nota azienda Ipsos, incaricata dal Dipartimento per lo Sport della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha svolto un’indagine statistica su scala nazionale circa il tasso di abbandono sportivo.
Questa ricerca, esposta in occasione dell’evento pubblico “Pronti, ripartenza… sport” evidenzia come gli sportivi pre-covid nella fascia d’età 6-13 coincidessero con il 73%, con il 59% in quella dai 14 ai 19 anni e con il 20% degli adulti. L’avvento della pandemia ha portato con sé un allarmante decremento di queste percentuali: ben il 48% nella fascia 6-13 ha smesso di fare sport, così come il 30% in quella 14-19 e il 20% degli adulti.
- Il 55% tra i giovanissimi e il 69% tra i ragazzi ha sperimentato un marcato sentimento di tristezza;
- l’apatia risulta essere stata provata dal 53% tra i giovanissimi e dal 58% tra i ragazzi;
- l’ansia è presente nel 40% tra i giovanissimi e nel 56% tra i ragazzi;
- l’irascibilità nel 46% tra i giovanissimi e nel 43% tra i ragazzi.
Per quanto concerne problematiche relative al ritmo sonno-veglia, sono state rilevate dal 31% delle bambine e bambini appartenenti alla fascia 6-13 anni (di cui il 29% si è rivolo a un medico) e dal 39% dei ragazzi tra i 14 e i 19 anni (di cui il 25% ha assunto farmaci).
Questi sintomi coincidono con il fenomeno psicologico definito dallo psicologo tedesco Urhausen “Sindrome acuta da scarico”. Secondo quanto evidenziato nei suoi studi[1], infatti, un arresto improvviso dell’attività sportiva può provocare l’insorgere di stati depressivi, instabilità emotiva, disturbi del sonno e irritabilità diffusa. Sebbene la comparsa o meno di questo quadro sintomatologico sia fortemente soggettiva, è esperienza comune agli sportivi sviluppare uno o più di questi sintomi quando sono costretti ad uno stop forzato, come, ad esempio nel caso di un infortunio.
A ribadire la tesi di Urhausen, il professore Bernard Baune[2], psichiatra dell’università di Adelaide, ha rilevato una flessione dell’umore statisticamente significativa negli atleti dopo appena dieci giorni dall’arresto dell’attività sportiva.
La spiegazione biologica di questo fenomeno è da attribuire all’ingente produzione di endorfine che avviene quando facciamo sport. Il rilascio di questi neurotrasmettitori, infatti, riduce lo stress, allevia il dolore, genera benessere e concilia la regolazione del sonno. Interrompere la pratica sportiva comporta una diminuzione del 500% di questo neurormone con inevitabili conseguenze psicologiche.
Tuttavia, se questi correlati neuronali sono applicabili a tutta la popolazione sportiva, ancora più preoccupanti sono le possibili implicazioni psicologiche nella fase evolutiva. Lo sport, infatti, rappresenta in quest’età anche un allenamento delle abilità mentali quali l’attenzione, la motivazione e la gestione delle emozioni. In tal senso, crescere facendo sport significa sperimentare emozioni di ogni tipo: dalla gioia alla tristezza, dalla sorpresa alla frustrazione, imparando, così, a conoscere se stessi e ad incanalare le proprie risposte emotive al fine di raggiungere gli obiettivi prefissati. Inoltre, specialmente gli sport di squadra, costituiscono un veicolo di relazioni tramite le quali l’individuo struttura la propria persona, collabora con gli altri e viene strappato dalla spirale autotrofica dell’isolamento per immettersi in un contesto sociale con le sue norme implicite da comprendere e rispettare. Lo sport, in questa fase, è dunque matrice della persona che verrà ed una sua interruzione comporta un sincronico inevitabile rallentamento dello sviluppo cognitivo e della maturazione dell’intelligenza relazionale.
La completa riapertura delle attività sportive è, quindi, da considerarsi come l’emblema della rinascita e della ripartenza, poiché come affermava Nelson Mandela: “Lo sport ha il potere di cambiare il mondo. Ha il potere di suscitare emozioni. Ha il potere di ricongiungere le persone come poche altre cose. Ha il potere di risvegliare la speranza dove prima c’era solo disperazione”.
A cura del Dott. Matteo Peccolo
Dott. Bargnani Alessandro Ceo Psicologi dello Sport Italia
[1] Urhausen, A. (1994). Abtrainieren oder das akute Entlastungssyndrom. Rudersport , 44(25 ), p. S. 630.
[2] University of Adelaide. “Stopping exercise can increase symptoms of depression.” ScienceDaily. ScienceDaily, 22 March 2018.