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DIAVOLI IN PARADISO
90 psicodrammatici secondi che spiegano l’importanza della mindfulness
I rossi corrono e ballano, si inseguono per il campo, si abbracciano, piangono di gioia, sono al settimo cielo: è la realizzazione di un sogno. I grigi, dal canto loro, sono stesi per terra, alcuni si coprono il volto con le mani, altri piangono a dirotto: è la materializzazione di un incubo.
I rossi sono straripanti di felicità, increduli, si stringono tra loro gridandosi l’un l’altro “Com’è possibile? È successo veramente?”. Anche i grigi si chiedono “Com’è possibile? È successo veramente?” ma lo fanno tra sé e sé, in una desolante disperazione.
È il 26 maggio 1999 e allo stadio Camp Nou di Barcellona vanno in scena i 90 secondi più esaltanti e drammatici della storia del calcio. La finale di Champions League contrappone il Manchester United e il Bayern Monaco. Gli inglesi, che non vincono la coppa dalla leggendaria prestazione di George Best contro il Benfica del 1968, sono i grandi favoriti. Sono una squadra colma di campioni, quali ad esempio Beckham e Giggs, e nei turni precedenti hanno impressionato per gioco e carattere superando corazzate come Inter e Juventus. In pochi, invece, scommettono sui bavaresi: sono arrivati in finale eliminando avversari di modesta caratura come Dinamo Kiev e Kaiserslauten e il loro campione più rappresentativo, il 38enne Lothar Matthaus, è ormai sul viale del tramonto.
Ciononostante, al quinto minuto del primo tempo, una splendida punizione di Basler porta avanti il Bayern Monaco. Galvanizzati dal vantaggio, i tedeschi disputano un gran primo tempo nel quale sembrano saldamente in controllo del gioco.
Nella ripresa, il controllo bavarese diventa dominio: prima il portiere dei red devils Schmeichel salva su Effenberg, poi il pallonetto di Scholl si stampa sul palo e, qualche minuto dopo, Janker colpisce la traversa in rovesciata. Per 90 minuti il Bayern ha giocato con l’autorità di chi, almeno per una sera, si sente la squadra più forte d’Europa, tant’è che il suo allenatore Hitzfeld, all’ultimo minuto, sostituisce il match winner Basler per la meritata standing ovation. Sugli spalti scatta la festa, è il preludio di un trionfo annunciato, solo novanta secondi separano il Bayern Monaco dalla “coppa dalle grandi orecchie”, il più importante trofeo cui possa ambire un club.
La sostituzione, tuttavia, allunga il recupero assegnato dall’arbitro Collina e quella che doveva essere la passerella d’onore per i tedeschi si tramuterà in una catastrofe sportiva. Al 91’calcio d’angolo per il Manchester United. Sale anche il portiere Schmeichel, non c’è nulla da perdere. Azione confusa, mischia in area, gol di Sheringham, 1-1.
Pareggio totalmente ingiusto, ma lo spannung emotivo del match deve ancora sopraggiungere: trenta secondi dopo, ancora su calcio d’angolo battuto da Beckham, torre del solito Sheringam e gol del tripudio firmato Solskjaer.
Tutti i giocatori del Bayern Monaco si gettano a terra. Collina è costretto a farli rialzare perché manca ancora mezzo minuto. Si rimettono in piedi, sono spettri, trenta secondi di agonia ed è finita: ora possono finalmente buttarsi sul prato del Camp Nou e disperarsi in pace, il Manchester United è campione d’Europa.
Come si può spiegare una simile debacle? Com’è possibile che una squadra che per 90 minuti si dimostra inscalfibile si sgretoli in questo modo nell’ultimo giro di orologio?
Una possibile risposta psicologica è rintracciabile nell’aver perso il focus attentivo sul qui e ora, nell’essersi proiettati già al triplice fischio. È probabile che la standing ovation a Basler a due minuti dalla fine con i tifosi già in festa abbia provocato un calo di tensione tra le fila bavaresi e che l’immagine di capitan Matthaus che alza la coppa stesse diventando talmente nitida, nella testa dei giocatori, da offuscare il presente, il quale, invece, incombe incurante di tutto e sa essere estremamente severo.
In tal senso, nello sport, l’attimo presente è l’unico istante che conta davvero. Lo sa bene il campione di golf Rory McIlroy il quale, dopo aver vinto i British Open, ha dichiarato “Non pensavo assolutamente al risultato finale. Ero concentrato sul processo e su ogni singolo colpo”. Questa capacità di rimanere immersi nel momento che si sta vivendo è uno dei fattori chiave per ottenere il massimo dalle proprie prestazioni e raggiungere lo stato di flow.
Per istruire se stessi a focalizzarsi sul qui e ora, la tecnica psicologia per antonomasia è la mindfulness. La pratica della mindfulness affonda le sue radici nella tradizione buddista e, da quel contesto, deriva il suo senso più profondo. Essa consiste in uno stato mentale, in una disposizione dell’essere, non orientato a scopi futuri ma completamente coinvolto nel momento presente. Questa tecnica psicologica, declinandosi in diversi esercizi, consiste nel far entrare il soggetto in contatto con quanto avviene nel proprio corpo, nei propri pensieri, astenendosi da ogni forma di giudizio, ma accogliendo semplicemente ciò che si manifesta a se stessi.
La mindfulness ha molteplici riscontri positivi in ogni ambito sportivo. Essa è, infatti, in grado di aiutare gli atleti nello sviluppo e nel perfezionamento di un gesto tecnico, nella gestione delle emozioni, nella capacità concentrativa e nella conoscenza di sé.
A comprovare l’efficacia di questa pratica, la University of New England nel 2016 ha condotto uno studio[1] su alcuni ciclisti professionisti rilevando come eseguire esercizi di mindfulness per otto settimane fosse correlato in modo statisticamente significativo ad un miglioramento delle prestazioni e ad una riduzione dell’ansia. In analogia con questa ricerca, il French Institute of Sport[2] ha riscontrato come questa migliori la lucidità e la precisione in un gruppo di golfisti di alto livello.
La mindfulness risulta, quindi, essere uno strumento fondamentale nella “cassetta degli attrezzi” dell’allenamento mentale. Essa, combinata con altre tecniche psicologiche quali l’imagery, apre a livelli di concentrazione e presenza che si estendono ben oltre i limiti mentali del singolo atleta.
[1] John SCOTT-HAMILTON, Nicola SHUTTE, Rhonda BROWN, Effects of a Mindfulness Intervention on Sports-Anxiety, Pessimism, and Flow in Competitive Cyclists, National Library of Medicine, 8, 2016.
[2] Majorie BERNIER et al., Mindfulness and Acceptance Approaches in Sport Performance, Journal of Clinical Sport Psychology, 4, 2009.
A cura del Dott. Matteo Peccolo.
Dott. Bargnani Alessandro Ceo Psicologi dello Sport Italia